Il Decreto Del Presidente Del Consiglio Dei Ministri (DPCM) del 7 agosto 2020, un concerto di misure tese al rilancio della economia meridionale, mai viste prima, tra le quali citiamo : la decontribuzione per le assunzioni nel mezzogiorno d’Italia è la parte più consistente del decreto appena approvato con uno sgravio del 30 per cento sui contributi pensionistici alle imprese che operano nelle “aree svantaggiate”, definite sulla base dei criteri della politica di coesione europea: un prodotto pro capite inferiore al 75 per cento della media nell’Unione europea e un tasso di occupazione inferiore alla media nazionale. Dunque, tutte le regioni del mezzogiorno: Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna.
Queste misure messe a punto dal ministro per il sud e la coesione territoriale Beppe Provenzano, che ha redatto questo complesso provvedimento, proviene dalla associazione per lo Sviluppo industriale del mezzogiorno (Svimez), dove entra come ricercatore e nel 2016 ne viene in seguito nominato vice direttore, quindi un tecnico prestato alla politica che il Sud lo conosce profondamente.
La misura è annunciata come strutturale: dovrebbe durare fino al 2029, con andamento decrescente dello sgravio. È una manovra quasi decennale, quindi diversa dalle decontribuzioni limitate del passato, come lo sgravio contributivo di tre anni dato dal governo Renzi alle imprese che assumevano
a tempo indeterminato nel 2015, o le decontribuzioni selettive, come quelle per le assunzioni di disoccupati di lunga durata e Neet (espressione inglese che indica i giovani che non si stanno formando e non lavorano).
Oltre alle misure sopra esposte, si mobiliteranno ingenti risorse finanziarie per accelerare lo sviluppo del Meridione attraverso:
– l’applicazione della clausola che prevede la destinazione del 34 per cento delle risorse ordinarie in conto capitale al Mezzogiorno (attualmente nell’ordine del 20 per cento);
– l’aumento della capacità di spesa delle risorse straordinarie sia di fonte nazionale che di fonte comunitaria.
Ma accanto agli aspetti positivi, indubbiamente tanti, di questo provvedimento, vi sono ombre e lacune che meritano di essere evidenziate.
Esaminando il provvedimento si nota subito come non vi sia alcuna sostanziale modifica nei meccanismi della programmazione della spesa nazionale ed europea, manca anche una efficiente analisi dei fabbisogni infrastrutturali delle varie aree e risulta non pervenuta una efficiente analisi delle procedure di spesa.
Si aggiunga pure che questi interventi, si realizzeranno in aree che spesso soffocano sotto il peso delle varie criminalità organizzate e come ben messo in risalto nel libro di Accetturo e Di Blasio (dal titolo chiarissimo: Morire di aiuti, i fallimenti delle politiche per il Sud) che certifica come, le politiche della spesa pubblica nel Sud degli ultimi anni, abbiano frequentemente alimentato criminalità e corruzione e contribuito spesso alla selezione di una pessima e clientelare classe politica.
Ci si chiede, quali sono le vere problematiche del Sud ? Ci viene incontro il rapporto Svimez, pubblicato prima dell’emergenza sanitaria legata al Covid19, e riferito al decennio 2008-2018 sottolinea come gli investimenti sono scesi in tutt’Italia, ma al sud in misura doppia (meno 32,3 per cento nel mezzogiorno, meno 15,5 per cento nel centro-nord);
tra i dati più allarmanti citati vi sono.
– calo degli investimenti pubblici, lo “Stato investitore”, in ritirata ovunque, si è disimpegnato soprattutto nel sud (la spesa in conto capitale delle pubbliche amministrazioni è passata da 56,9 a 34,6 miliardi in Italia, ma nel meridione si è passati da 22 miliardi a dieci miliardi);
– l’incidenza della povertà assoluta; ricordiamo inoltre che al sud, la percentuale dei working poor – persone che pur avendo un lavoro vivono sono sotto la soglia di povertà – è quadrupla rispetto a quella rilevata nel centro-nord.
– il triste primato per disoccupazione femminile;
– la crisi demografica. Nel Sud tradizionalmente popoloso, negli ultimi venti anni gli abitanti sono aumentati di 81mila unità, rispetto ai 3.300.000 del Centro-Nord. Al crollo di nascite si somma l’emigrazione dei giovani: 2 milioni dal 2000, di cui il 20% laureati. E’ chiaro che dove i giovani non ci sono, perché se ne vanno o perché non sono mai nati, le società sono condannate a un declino senza appello.
Stante la drammatica e complessa situazione sopra delineata, siamo proprio sicuri che si risolvano tutti il problemi, trasformando il Sud dell’Italia in un gigantesco cantiere , con tante infrastrutture con quasi 100 progetti da realizzare (e dal cilindro del Premier Conte è uscita recentemente l’idea del tunnel sotto lo stretto, aridatece Berlusconi…) di nuovo le Grandi opere, stiamo forse riproponendo il libro dei sogni ?
Risale al lontano 1972 la previsione fatta dall’economista Pasquale Saraceno, il quale formulò una previsione, resa pubblica su una pagina del Corriere della Sera di mercoledì13 settembre 1972 che annunciava che: “Nel 2020 si sarebbe finalmente colmato il divario tra Nord e Sud.” La data a quell’epoca pareva sufficientemente lontana per maturare una serie di considerazioni sull’esito positivo di questo traguardo. A distanza di circa mezzo secolo, si può facilmente constatare come, non solo il divario non è stato colmato, ma è aumentato ancor di più, come testimoniano anche le recenti stime sugli indicatori sulla qualità della vita.
In un meridione afflitto da una cronica assenza del governo, da una pesante disgregazione sociale e con il problema di cospicue classi dirigenti locali inefficienti e spesso corrotte, occorre ripartire con una idea diversa di Sud, e dalla ferma convinzione che le politiche per il Mezzogiorno, quando correttamente progettate ed attuate sono un bene per tutto il paese.
All’interno di questa visione, svolgono un ruolo di primissimo piano finanziamenti e investimenti pubblici, ma occorre anche, che oltre alle risorse finanziarie, lo Stato garantisca efficienza, trasparenza e legalità, garantendo pienamente la libertà d’impresa, assicurando una risposta giudiziaria alle controversie, rapida ed efficiente e una burocrazia razionale e che semplifichi le procedure alle imprese.
Bisogna evitare inoltre che, come ci ricordano quotidianamente le cronache giudiziarie locali, le risorse finanziarie siano utilizzate, in assenza di approfonditi controlli, dalle clientele e dalla politica locale il quale, come un ingordo Leviatano intercetta ed utilizza le risorse che arrivano, per i propri illeciti scopi.
Se si riuscisse a migliorare le condizioni sopra indicate, è quasi certo che, anche gli investitori stranieri sarebbero incentivati a localizzare le nuove iniziative economiche nel Sud Italia con positive ricadute sui territori.
I problemi del Sud affondano le loro radici nella storia e sono molto complessi, ed è chiaro a tutti che le soluzioni non sono né facili, né di veloce realizzazione, quindi oltre a finanziare le politiche economiche di rilancio del Sud, occorre occuparsi della società nel suo complesso, magari con l’aiuto di una “buona” politica e di una “buona” amministrazione.